A questo proposito l’Associazione italiana ittiologi acque dolci (Aiiad) e Legambiente ricordano che gli ecosistemi acquatici contribuiscono in modo determinante al mantenimento della biodiversità del pianeta Terra: è stato calcolato che a fronte di una copertura pari a meno dell’1% della superficie terrestre, nelle acque dolci sia presente circa il 35% delle specie note di vertebrati. Nei sistemi d’acqua dolce lo sviluppo della biodiversità è favorito dall’elevato grado di isolamento che li caratterizza: un lago o un bacino imbrifero sono delle vere e proprie isole ecologiche. Tale isolamento, però, pone i laghi e i fiumi in una posizione particolarmente rischiosa e gli ecosistemi acquatici sono gli ambienti al mondo più minacciati dai vari fattori di impatto antropico e il declino della biodiversità è in esso molto più rapido: ad esempio, per l’immediato futuro è stato previsto un tasso di estinzione molto più elevato per la fauna d’acqua dolce (circa il 4% per decade) rispetto a quello degli ecosistemi terrestri e marini (circa l’1% per decade).
L’Italia costituisce una delle aree più importanti in Europa per la conservazione della biodiversità delle acque interne: l’eterogeneità del paesaggio e la presenza di barriere montuose hanno favorito l’esistenza di una grande ricchezza di specie. Anche i livelli di endemismo sono molto elevati, presumibilmente poiché l’area a sud delle Alpi ha rappresentato un rifugio nei periodi glaciali. Numerosi fattori di impatto antropici, fra i quali l’introduzione delle specie esotiche è uno dei più importanti, insistono sugli ecosistemi d’acqua dolce. In Italia un numero molto elevato di taxa autoctoni risulta seriamente minacciato e numerose specie ittiche sono già estinte su base locale o nazionale. A tal riguardo, l’emanazione di normative comunitarie quali la Direttiva Habitat (92/43/CEE) e la Direttiva Quadro sulle Acque (2000/60/CE) appaiono strumenti fondamentali per la tutela e la gestione della fauna ittica e degli ecosistemi delle acque interne italiane. Per la fauna ittica italiana, la Direttiva Habitat annovera 25 specie di pesci ossei e 4 lamprede.
Lo stato di conservazione dei pesci autoctoni, secondo quanto indicato nella Lista Rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) è particolarmente negativo e peggiore rispetto alle altre classi di vertebrati. Quasi la metà delle specie ittiche d’acqua dolce è a elevato rischio di estinzione (48%), mentre le percentuali sono del 36% per gli anfibi, del 19% per i rettili, del 29% per gli uccelli e del 23% per i mammiferi. I pesci, inoltre, presentano anche la maggiore percentuale di specie già estinte in Italia, pari al 4% del totale.
E’ per tutti questi motivi che l’AIIAD e Legambiente esprimono una profonda preoccupazione per i nuovi scenari che in Italia si vanno delineando in seguito all’approvazione del recente regolamento da parte del Consiglio dei Ministri. Non tutte le specie alloctone si comportano allo stesso modo, essendo talvolta addirittura utili (lotta biologica) o economicamente importanti (acquacoltura): ciononostante l’impatto delle specie invasive, in virtù delle caratteristiche degli ambienti acquatici, è in essi particolarmente devastante.
Pertanto immaginare che la deroga all’Art.12 al DPR 357/1997 che vieta la “reintroduzione, introduzione e popolamento in natura di specie e popolazioni non autoctone nel territorio italiano” possa garantire “la continuità di immissioni di materiale ittico non autoctono anche nelle acque naturali assicurando, in Italia, il proseguo della pesca ricreativa ai salmonidi e delle gare sportive” rappresenta per le associazioni una pretesa inammissibile, frutto di una visione anacronistica e inaccettabile della pesca che non tiene in nessuna considerazione il fondamentale ruolo che gli ecosistemi acquatici svolgono nel garantire il benessere dell’umanità e l’importanza che riveste la conservazione della biodiversità. Se è vero che il prelievo operato dai pescatori sportivi, se in ottemperanza delle leggi vigenti, non rappresenta quasi mai una seria minaccia per la fauna ittica, è anche necessario che tutte le attività connesse alla pesca siano sempre improntate al rispetto della natura e avvengano in un contesto di sostenibilità, in modo da garantire la salvaguardia delle risorse naturali per le generazioni future.